notturni, 2012
testo di Franco Purini
Si tratta di tavole di ispirazione scenografica attraverso le quali distanze e vicinanze, espansioni e contrazioni, accelerazioni e rallentamenti definiscono un mondo architettonico caratterizzato da tre elementi.
Il primo è la solidità strutturale, inverata in spessi setti murari sottoposti a vigorose piegature che esprimono una forte energia tettonica.
Il secondo è la luce, chiamata a giocare con l’oscurità in un implicito rimando all’universo chiaroscurale di Le Corbusier. Come nelle architetture dell’autore di Maison Domino, le immagini che compongono questa serie sono percorse infatti da evidenti conflitti tra orizzontalità e verticalità, in una ricerca di stabilità spaziale e insieme di critica a tale solidità.
Il terzo elemento che identifica questi disegni, come quelli di Bolè abitati da persone ridotte a simboli larvali, è il contrasto tra finitezza e infinità. Un contrasto che riconosce alla spazio la sua essenza indicibile, il suo essere sempre dislocato, per più versi imprendibile. In effetti lo spazio è un prodotto umano, dall’essenza fisica e insieme immateriale, una forma pensiero che precede quella di tempo definendo il nostro campo di azione nel mondo.
testo di Pina Moneta
I Notturni di Fabio Fabiani annunciano l’avventura del silenzio.
Un silenzio di difesa forse, in opposizione alla forza delle abitudini, alle energie inquiete dei sensi e delle emozioni. Il silenzio, sembrano dire queste immagini, crea delle radure, delle trasparenze, dove aporie e nodi della ragione, grumi di pensiero ancora informe, ansie senza nome si allentano, acredini si dissodano.
Il silenzio, apre alla chiarificazione, al calmo ascolto del detto e alla sua ombra imperdibile, e soprattutto, esso risveglia la sopita vigilanza per l’essenziale. Il silenzio della mente, dirada l’ordito dell’umano esistere! Ma quale, il suo potere? Cosa può produrre, potremmo chiederci, un silenzio, a lungo custodito, a lungo amato, e forse sofferto?
In questi luoghi, spazi stagliati da una luce razionale e prospettive alternati di equilibrio e angoscia, si ascolta il pensiero in quanto pensiero e il silenzio che vi è dentro. Il silenzio è qui per misurare il suo rapporto con la capacità del pensiero di discernere un cammino. L’invito è quello di inoltrarsi nei luoghi, non percorsi, del silenzio da dove avvicinarsi al chiarore del lontano. Pensare, è avvicinarsi al da lontano. Vicinanza che non ha oggetti, piuttosto ha un vedere che non vede ma ascolta, e nelle tacite forme dell’ ascolto poter riconoscere altre configurazioni di senso, altri frammenti di verità, sempre nel loro ritrarsi.